Capitolo I - La visione maligna
Un mio amico mi consigliò un giorno di andare nella nuova bottega del mistero a Spes, chiamata “La garbatella zoppa” definita anche come un'agenzia, per qualche ragione sconosciuta.
Era una giornata come tutte le altre e andai nella bottega senza fretta, un po’ perché era piuttosto lontana dalla mia abitazione e un po’ perché c’era molta gente per le strade, le vie erano trafficate per la festa del superno Aadeg che si teneva ogni anno, per lo stesso giorno e per la stessa precisa ora, non a caso è il superno della disciplina.
Comunque sia appena trovata la bottega sgangherata trovai la porta aperta, probabilmente non ero l’unico cliente e invece trovai un vuoto imbarazzante all’interno del negozio, nessun commesso, nessun personale, nessun cliente e stranamente nessuna merce sugli scaffali che erano per l’appunto vuoti.
La mia curiosità mi obbligò ad avvicinarmi al bancone e domandare a larga voce se qualcuno era pres…
Notai che una porta, probabilmente di servizio, era aperta ma il suono che mi suscitò un'ambigua emozione e scalpore era al di là del corridoio oltre la porta, quel rumore sembrava artificiale ed era a dir poco fastidioso, come un chiodo che scalfisce il cranio e l’eco all’interno dell’osso è il suono che sentivo.
Varcai la porta un po’ per scoprire quel suono, un po’ per chiamare il responsabile del negozio e un po’ per sfizio personale, appena entrato un lunghissimo corridoio era sulla mia via, decisi di percorrerlo e trovai una porta in ferro alla fine con un pesante lucchetto che la bloccava, lucchetto tuttavia aperto.
Oltre la porta in ferro vidi una persona vestita in modo sicuramente straniero camminare per la piccola stanza, chiesi a quella persona delle informazioni ma non ricevetti risposta.
Quel tugurio di bottega non aveva niente a che fare con l’edificio in cui ero capitato, mai visto nella mia vita un legno così scuro che sembrava quasi inglobare e oscurare la luce che proveniva dalle piccole finestre in alto.
Scesi al piano inferiore, direzione opposta rispetto a quella figura che sembrava incantata e mi spaventava, trovai un altro corridoio con delle porte in legno nero come la pece e un’uscita il tutto senza una minima luce, il rumore che sentivo non stava aumentando di volume ma sentivo chiaramente la punta del chiodo che stava incidendo qualcosa sulla parete ossea del mio cranio. Dopo aver passato la prima coppia di porte, capii che non erano affatto delle porte, le stanze dentro erano talmente al buio che una lama di oscurità tagliava il pavimento tra il corridoio e le stanze.
“Ho visto qualcuno, chi è là!?” Gridai come un forsennato poiché l’atmosfera era completamente cambiata, la mia vista si stava compromettendo e del rosso tinse i lati e gli angoli della mia vista, il mio corpo si immobilizzò alla vista di… Di colei che nella lama di oscurità viveva.
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I suoi mille occhi mi fissavano pur essendo opachi potevo vedere la loro pupilla fissa sul mio corpo, ho capito che la creatura esigeva un tributo e il tributo ero io.
“Dannazione, ho scalfito troppo.”
“Aò, anvedi che tu nun se più mani de fata! Ehe ehe ehe!”
“Taci fratello, questa vittima era perfetta solo che le mie mani ormai vecchie non sono riuscite ad incidere il simbolo senza fare un buco, da quando sono arrivato a Spes nulla ha più funzionato, questa città è maledetta dai superni.”
“Ehehe, nun da’ colpa alli superni, piuttosto che simbolo li stavi a disegna’?”
“Sempre lo stesso. Sempre lo stesso. Disfati del cadavere e distruggi la testa, il simbolo deve essere perfetto, altrimenti il mio lavoro è sprecato.”
“Ahò e se te chiamo ‘no scalpellino?”
“Direi che un cadavere a settimana basta a dare sospetti, torna a vendere le tue robe finte.”
“So’ pezzi da museo oh! Nun te permette’! Vado solo pecché oggi c’hai la luna storta! Ehe ehe ehe!”
“Eppure il simbolo è così semplice da disegnare, non capisco la difficoltà. Colui che mi disse di disegnarlo mi incitò a svolgere un lavoro eccellente, un uomo timorato di Uhle, un soggetto particolare, non avrei mai pensato di dedicarmi alla causa di un Dio, ma sono in debito con quella persona, anche se sono il primo degli uomini. Tra qualche giorno, dovrò tornare nel Genov.”
“We we! Clienti! Scusssate ma stavò a sbrigà faccende, ditemi ditemi che posso fare per voi? Ah già, nun ci stà nisciù a quest’ora, oh beh, vado a buttar fuori il mio nuovo amico.”
“Me spiace amico, ma il mio martello non perdona.”
La pratica era sempre la stessa, metteva il cadavere dentro una sacca pesante e andava nei poco lontani campi di zucche, lì staccava la testa e la metteva dentro una zucca e poi un pesante martello spaccava la zucca e la testa.
Un gesto artistico senza dubbio, d’altronde Gortr era solito a divertirsi anche nelle situazioni più ambigue e spaventose, tuttavia questo carnefice non conosceva affatto la paura.
“Tacchete, n’altro spaventapasseri pe’ i campi, ehe ehe ehe ehe!”
Capitolo II - La volontà di ferro
“Per concepire l’ordine mondiale, bisogna credere in Uhle giudicatore, unico e solo superiore degli uomini. Ho quasi finito di scrivere lo Iudexnomicon, mi manca solo un anno, poi passeremo alla prossima parte.”
“Ehi frate’! Volevo chiederte, ormai m’è difficile nascondere le cose dobbiamo trovarce degli alleati e belli buoni. Sai io tengo anche ‘na certa età e far fuori la gente pecché tu…”
“Idea! Vai e portami qui un sacerdote di Adegheiz, prendi un curato!”
“Boh, anvedi che rrobba.”
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“Aò fermate!”
“Oh! Chi va là! Non si disturba chi legge!”
“Ma se stavi camminando?”
“Stavo camminando e leggendo! Non ne possiedo la libertà!?”
“Senti ciccio, piano coi toni, intanto dicono in giro che lei ha intenzione di maritare un contadino con la sua asina.”
“Sì! Quest’ oggi.”
“Quel matrimonio potrebbe portarvi dei guai! Nun s’ha da fa’ ne oggi ne mai! Intesi?”
“Cioè? Ma vossignoria è uomo di mondo, io non sò come si può… Ci sono dei doveri e perciò… Io veramente…”
“Nun s’ha da fa’.”
“Io sono un povero curato!”
“Siamo intesi!?”
“Uno come me…”
“Dovrà pensà bbene!”
“Eh… Io non posso ostacolare.”
“Attenzione a cosa dite!”
“Solo solo… ragazzacci! Io non sò che fanno!”
“Mai sposare n’asino con nu contadino!”
“Mai mai se si vogliono sposare si sposeranno con qualcun’altro!”
“Capito?”
“Capito… E se può vossignoria suggerire a me meschino un pretesto logico…”
“E mo’ ve ne tornate a casa e tra due ore dovete andà in bottega der mistero! Hai capito?”
“Sarà fatto!”
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“Se proprio mi va bene, mi ammazzano di botte!
Quell’orribile minaccia mi rimbomba, perpetuamente!”
“Aò! Muto! Tieni da bere!”
“Non è che è veleno?”
“No nno!”
“Allora ne bevo un sorso!”
“Non è veleno, è sonnifero!”
“CCCHE? *ronf*”
“Perfetto Gortr fratello mio, ora però tocca a me, dobbiamo portarlo nella stanza buia.”
“Ah ok! Allora io me ne vado!”
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“POVERO CURATO TIMORATO DI UN SUPERNO PADRONE!”
“Chi è!? Perché sono legato? Chi è che mi chiama?”
“CONVERTITI E PIEGA LA TUA MENTE AD UHLE GIUDICATORE!
DOVRAI PIEGARE.
DOVRAI PREGARE.
PRIMA CHE LUI ARRIVI.”
“Chi è!? Che paura, che spavento!”
“IL SIGNOR POTENTISSIMO.
UHLE GIUDICATORE.”
“Signore potentissimo! Altissimo divino! Voi siete un sogno od un incubo?
“Di più, sono il potere,
la forza con logica,
la mano che ti piega,
colui che cammina sulla testa della gente.
Io decido e faccio legge.
I bisogni umani sono sotto i miei piedi.”
“Ah! Sono sveglio… Sono salvo? E’ stato solo un sogno o verità?”
Capitolo III - Il pentagono che decise di divenire trino
Credo nel solo Dio Giudicatore Uhle,
Dominatore degli astri e del sottosuolo,
e di ciò che circonda loro.
Creatore et padrone di tutto quanto ciò che esiste,
guida dei giusti,
e carnefice di chi l'offende.
Abbandono la moltitudine dei Superni,
degli schiavi e di chi non ha fede,.
Credo nella giustizia del Novo Gran Sacerdote,
Giudicatore di anime, condannatore dei popoli abietti.
Credo nella fine dei tempi dei padroni disonesti,
Nella Gloria dei giusti,
Nell'eterno rogo dei miscredenti e dei contravventori.
Et contra li contravventori, si proceda at pena più forte.
Pecuniaria. Corporale. Relegatio galera. Et morte.
Iuxta Lex.
“Finalmente, lo Iudexnomicon è finito, anno 3019 d.F. Sesto anno dell’era degli uomini.”
Ora sono pronto a incontrare il Gran Sacerdote, ora sono veramente un uomo di fede...
Forza, torniamo nell’Istituto, dobbiamo fare in fretta, non dobbiamo perdere tempo.
In questi anni sono riuscito a compiere enormi progressi, ho ristabilito il Genov, ho incontrato il Gran Sacerdote e sono diventato capo di un nuovo ramo della religione Uhleista. Ora devo correre e salvare il salvabile, probabilmente senza una guida nel reparto di scienze umane, sarà scoppiato il caos e io non devo arrestarlo ma devo accudirlo.”
La strana compagnia arrivò poco prima di sera. Il sole stava calando sull'isola di Ardele, poche misere rovine nel cuore di una foresta un tempo una spoglia zolla di terra. Gli “stranieri” erano in tre, i volti coperti dai cappucci di ampi mantelli marrone, la porta del vault era visibilmente semi distrutta e per metà aperta e due guardie puntarono il revolver ad Holeth Tut, Gortr e il terzo.
Poi il capo del gruppo tirò giù il mantello e le guardie stupide dissero:”Victor Boudelaire!”.
Nel giro di una settimana, il reparto di scienze umane dapprima in anarchia divenne quasi illuminato, tuttavia da una luce diversa da quella progressista dell’ Istituto.
Victor Boudelaire, sorridente nel centro relazioni estere pronunciò l’ultimo discorso del reparto di scienze umane prima dello scioglimento di questo.
“Signori dell’Istituto, ricercatori infiniti e senza stanchezza che vagano tra un mistero e l’altro cercando di capire le motivazioni e le cause.
Oggi abbiamo perso.
Noi, gloriosi uomini abbiamo sfidato gli alti superni, siamo andati contro i tiranni ma non siamo riusciti a curarci dal veleno dell'uomo, parlo di quelle persone malevole che hanno tentato di porci barriere e di nasconderci la verità e uno di quei parassiti è perfino diventato rettore grazie alla sua subdola mente.
Mentre gli altri popoli di Karaldur stavano tentando di curare il morbo di Gor Lorach uccidendo gli infetti, noi stavamo già per trovare la cura, mancava solo un passo per noi ma mille per gli altri.
Noi signori siamo coloro che hanno messo per primo ideale non i soldi o l’amore, ma il progresso e il vero e vivo aiuto.
Come molti di voi oramai sapranno, Sorin non era un’ottima persona eppure lui ha sempre amato l’ Istituto, perché le persone orribili seppur con i giusti ideali possono scrivere la storia.
Ho sempre desiderato di morire fulminato da un superno ed essere martire, ma io ora voglio stringervi la mano e uscire da qui.
Questo luogo sacro deve essere abbandonato altrimenti il caos e l’avidità ci distruggeranno, ma in ogni luogo andremo verremo chiamati come grandi eroi, scienziati, ricercatori e menti brillanti che noi abbiamo.
Per quanto riguarda me, io sono stato illuminato dalle parole del Gran Sacerdote e continuerò a lottare per un mondo giusto dove vigono il progresso e i valori sani.
Che Uhle giudicatore possa guardarci e dire:”Che peccato, erano così bravi.”
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