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Il Perdono degli "Urlatori"
il Gran Sacerdote era in piedi sul altare del piccolo santuario davanti alla tesoreria di Lumvalos.La folla iniziava ad avvicinarsi curiosa, in attesa delle parole del Profeta di Uhle.In città si era sparso un movimento di rivolta, "urlatori" li chiamavano.Uomini che ,di punto in bianco, salivano sul primo rialzo che trovavano e, mulinando le braccia come ossessi, gridavano alla corruzione dei Sacerdoti del Culto quindi, da conseguenza, alla corruzione del governo cittadino.
Avernal aveva sentito quelle voci, e aveva sentito anche le tesi che sostenevano e aveva reagito di conseguenza.Conseguenza che lo aveva richiesto sul quell’altare in quel pomeriggio soleggiato di Lumvalos.
Alzò le braccia per quietare la folla che si stava ingrossando sempre di piu, il brusio si stava facendo sempre piu forte.
Quando ottenne il silenzio desiderato, iniziò il suo discorso.
“Popolo di Lumvalos! Fedeli! Fratelli!” Le parole rimbombarono per le vie. " Sono qui oggi davanti a voi per elogiarvi. Per congratularmi con voi, della vostra fede incrollabile e ferma. Lumvalos cresce sana e forte, ogni giorno di più. La città di Uhle si fa sempre più bella. Crescita dovuta sopratutto dall’unione dei nostri animi verso un entità superiore. Entità che ci guarda sempre e ci giudica!". “Ci giudica e ci punisce, quando necessario.” Aggiunse Avernal scrutando la folla che reagi con dei “si” e dei “ha ragione” sommessi scambiati fra timorosi sguardi diretti al prossimo.
“Ma fino ad ora non è accaduto! Non è accaduto perché perseveriamo verso la giusta via! Tracciata dal Sommo, battuta dai Sacerdoti e percorsa da tutti!” Fece una pausa per riprendere fiato, la folla oramai pendeva dalle sue labbra, attendeva le parole divine canalizzate dalla carne mortale.
“Ora, io mi rivolgo a quelle persone come noi, quelli che Lumvalos ha iniziato a chiamare “urlatori”. Molto probabilmente sarete qui, anche voi, ad ascoltarmi e me ne compiaccio: perché io vi perdono”
La folla rimase sbigottita. si scambiarono sguardi increduli e luccicanti e inizarono a mormorare. Avernal riprese a parlare.
“Si, avete sentito bene, io vi perdono. Le vostre parole sono dettate da un animo distrutto dal nero vivere, e io sono pronto a portare la parola che vi aiuterà a spazzare via quella tenebra che vi domina, che vi ammanta in una boriosa parvenza di libertà. Guardate questa gente” continuò Avernal con un gesto del braccio, sorvolando la folla" Loro credono e ripongono la loro fiducia nel Sommo, mai vacillano. I loro sforzi danno aurei frutti" disse indicando la città “e ora esorto voi, fratelli e fedeli” perseverate su questa via, perdonate anche voi questi “urlatori”, pregate affinché possano trovare la stessa forza che voi avete ogni giorno"
Pronunciò le.ultime parole con lentezza e solennità. la folla, dopo qualche secondo di silenzio iniziò a battere le mani e inneggiare ad Avernal e ad Uhle.
Il Gran Sacerdote fu soddisfatto di avere compiuto anche in qualla occasione la sua missione divina: portare la voce di Uhle nel mondo.Scese dall altare e la folla gli si aprì davanti, la benedì e tornò ai suoi affari amministrativi.
Il lavoro degli Uomini, la gloria di Uhle
Dopo tre giorni dal Discorso del Gran Sacerdote al popolo di Lumvalos, alcuni piccoli palchetti comparvero nelle vie e nelle piazze maggiori della città. Finita la messa del mezzodì, alcuni sacerdoti iniziarono a richiamare l’attenzione della folla, attirandola verso i palchi disposti alcuni giorni prima. Bastarono poche decine di minuti di richiami da parte dei Sacerdoti Ordinati posti sui palchetti per richiamare la gente all’ordine e al silenzio. In ogni angolo della città, appositamente preparato per accogliere l’ingente quantità di fedeli, uomini e donne che avevano donato la loro vita al Culto di Uhle srotolarono una pergamena con il bollo del Sinodo e la disposero su un leggio, preparandosi ad annunciare al popolo la parola del Gran Sacerdote e dei suoi collaboratori.
Nella piazza principale della città, davanti alla Tesoreria, una donna alta e dal volto austero si schiarì la voce, preparandosi a parlare:
<<Popolo di LUmvalos, fratelli e sorelle nella fede, oggi ci riuniamo per commemorare e dare il giusto riconoscimento a ciò che costituisce il cuore pulsante della città, il motore implacabile dell’amore per Uhle: voi. In questi anni che sono passati dalla fondazione della città nella quale viviamo, del luogo della fede nel sogno, le vostre menti si sono rese capaci di produrre capolavori della musica, come abbiamo potuto ammirare con il recente Concorso Musicale e Artistico, e della letteratura; le vostre braccia hanno avuto la forza di sollevare, mattone dopo mattone, le mura e gli edifici che ora sorgono dove un tempo vi era solo la foresta. Voi, famiglie del Dominio di Uhle, della nazione prescelta dal Sommo, vi siete rese partecipi di un’opera di fede che non ha precedenti. Il vostro sudore e la vostra fatica sono stati, e saranno, il dono più vero e sincero che avreste potuto fare a Lui. IL Gran Sacerdote ,in qualità di portavoce della bontà del nostro Dio presso gli uomini, nelle sue preghiere durate notti intere ha ricevuto da Uhle una visione, una Lumvalos posta dinnanzi al Bianco Forte, come città libera dal peccato e ascesa verso i suoi sacri domini.
In onore del vostro lavoro saranno indetti, a partire dal mezzodì di domani, cinque giorni di festa, per concedervi il giusto riposo che meritate e per deliziare Uhle con i nostri canti e con le nostre rappresentazioni.
Il Sinodo si congratula ancora con l’intera popolazione. Potete andare, che Uhle sia con voi>>
La folla rispose all’unisono con la formula di rito e di disperse in pochi minuti. I volti delle persone erano molto sollevati e alcuni si erano inchinati a terra per una preghiera o un ringraziamento.
Dopo poche ore una numerosa squadra scelta dal Sinodo iniziò la preparazione della festa, decorando le vie con lanterne colorate e con festoni di tutte le fantasie. Ogni famiglia, osservando la città abbellirsi, metteva fuori dalle proprie finestre piante dai fiori appariscenti o dagli aromi delicati. Le locande della città aumentarono i numeri dei posti all’aperto e prepararono pachi per le rappresentazioni musicali. I bambini, contenti della festa, saltellavano in giro, pensando a come spendere i pochi zenar che i genitori gli avrebbero dato per l’occasione.
Cinque giorni di festeggiamenti
Quella mattina tutta Lumvalos si sarebbe svegliata con il sorriso, il Sinodo aveva infatti indetto cinque giorni di festa, per celebrare la forza delle fede in Uhle e la scomparsa dei banditori ribelli dalla città.
La sera precedente, tutte le famiglie avevano dato il loro contributo all’abbellimento ella città: migliaia di fiori profumati riempivano l’aria di odori soavi e le lanterne appese dalla guardia cittadina creavano strani e divertenti giochi sulle pareti degli edifici.
Le deboli campane delle messa dell’alba avevano ormai suonato da circa 3 ore e tutti i Sacerdoti Ordinati si apprestavano a far risuonare il richiamo della messa della Tardamattinata. Tutti i fedeli, che già erano svegli, uscirono subito dalle case mostrando i loro abiti più belli e tutta la città si diresse nelle chiese.
Al termine della messa, la festa iniziò.
In piazza erano stati disposti palchi e banchetti, inoltre, nella piazza vicino alla famosa Villa Biranmun, i cittadini avrebbero potuto sfidarsi in una gara di pasticceria.
Gli occhi dei bambini erano lucidi dall’emozione, amavano i giorni di festa e sicuramente i chioschi dei giochi erano ciò che più li attirava. In particolare un gioco era entrato a far parte della memoria dei Lumvalossiani: “Accendi il Rogo”.
La prova consisteva nel riuscire a spostare, grazie ad una lunga canna, delle corde di svariati colori. Queste dovevano quindi essere posizionate intorno ad un fantoccio bruciacchiato e, allo scadere del tempo, le corde venivano incendiate. I bambini avrebbero ottenuto un premio più grande per un maggior numero di corde posizionate.
Anche i palchi avevano riscosso un notevole successo, da quando il Sinodo aveva aperto il Concorso Musicale e Artistico, moltissimi cittadini avevano scoperto la loro passione per la letteratura o per la musica. In particolare lo strumento che stava spopolando tra i Lumvalossiani era la chitarra a pietra rossa, proposta da Lugaìd aèp Sinepèr al Concorso.
All’improvviso, un uomo si avvicinò all’organo sul palco e insieme agli altri strumenti iniziò a suonare uno dei più famosi canti popolari della città: “I Roghi” di Deadàr”.
Tutta la piazza cominciò allora a cantare e a ballare in cerchio, tra risate e divertimenti. Anche i bambini cercavano di stare al passo con gli adulti e un uomo ubriaco si posizionò al centro della piazza:
<Si va’l rogo numero sei,
bruciamo pure i Dei…> tutta la piazza rimase in silenzio: quel componimento era stato bandito dal Gran Sacerdote Avernal Leotred in persona ed era proibito cantarlo.
Ma l’uomo sembrava non ricordarsi il continuo del testo, e disse:
<Bruciamo pure i Deicidi!> e tutta la piazza scoppiò in una fragorosa risata, mentre dal palco riprendeva la musica e la gambe ricominciavano a muoversi freneticamente.
Era circa l’ora di pranzo quando le campane avvisarono la fine dei giochi mattutini e l’inizio della messa di mezzodì. I festeggiamenti ripresero quindi nel pomeriggio e continuarono fino a sera tarda. La giornata si concluse con la messa della sera e tutta la popolazione fu congedata dal Gran Sacerdote. La festa continuò similmente per altri quattro giorni e la paura dei banditori ribelli scomparve completamente dalle menti dei Lumvalossiani, che con nuova e maggiore fiducia riconoscevano nella figura di Avernal Leotred una vera e propria guida.